Il 9.febbraio al palazzo Ferraioli di Roma si e innaugurata la mostra di sculture di Eros Valente e Giancarlo Sabo. Erano presenti anche i prodotti del Piccolo Collio, ecco le foto del evento. Grazie a Monica di avercele mandate!
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Il 9.febbraio al palazzo Ferraioli di Roma si e innaugurata la mostra di sculture di Eros Valente e Giancarlo Sabo. Erano presenti anche i prodotti del Piccolo Collio, ecco le foto del evento. Grazie a Monica di avercele mandate! Josko Sirk emozionato Vi manda questo fantastico risultato. L’aceto Sirk al Tg1 del 18.02.2011- Terra e Sapori andato in onda alle 13.30 L’aceto Sirk al Tg1 18.02,2011 edizione delle 20.00, al minuto 32 Abbiamo ricevuto la visita dalla troupe del TG1 con la giornalista Scafuri..A breve, andrà in onda un bel servizio sul territorio con l’aceto, la rosa di Gorizia, l’asperum, il vino. Vi terremo aggiornati! Simbolo gastronomico di Sogliano al Rubicone (Fc), il formaggio di fossa ha, di recente, ottenuto la Dop(Denominazione d’origine protetta). Ha un gusto forte ce si ottiene con la fermentazione in fosse tufacee delle forme di formaggio prodotte nelle vallate del Rubicone e del Marecchia, nell’entroterra romagnolo. Secondo la tradizione, l’usanza di deporre il formaggio nelle fosse nacque dalla necessità, per i contadini soglianesi, di diffendersi dalle razzie delle truppe aragonesi che, nel XV. secolo, infestavano le campagne. Una volta riaperte le fosse, i contadini si accorsero che il formaggio lì deposto aveva acquistato un nuovo e ottimo sapore e lo consumavano per far fronte alle ristrettezze dell’inverno . Le fosse sono a forma di fiasco, con una base di circa 2 metri di circonferenza e un’altezza di circa 3 metri. Nella produzione del formaggio si distinguono quattro fasi: la preparazione della fossa, che consiste nel bruciarvi paglia all’interno per togliere l’umidità e sterilizzare dai germi e nel rivestire le pareti di paglia per isolare il tufo; l’infossatura del formaggio, chiuso in sacchi di pannp bianco e adagiato su tavole di legno; la stagionatura e la sfossatura. La fossa viene chiusa con un coperchio di legno sigilato con gesso. Poi, comincia la stagionatura che dura 90 giorni e dona al formaggio un gusto deciso e un aroma intenso; gli conferisce una maggiore digeribilità e migliori caratteristiche nutritive. Alla fine di novembre, si procede alla sfossatura che consiste nel rimuovere i materiali posti a copertura della fossa e nel prelevare dall’interno i sacchi di formaggio. Che sarà protagonista di golose ricette invernali. Da Case&Country nr. 208-Gennaio 2011
Nell’ambito di “Identità golose” l’aceto quale agro di vino, si è guadagnato considerazione ed attenzione, in particolare è stato scandagliato il suo connubio con il miele. Al successo in sala sono seguite interviste e incontri di cui uno spezzone e finito al TG 1! Una bellissima storia.. Una delle storie di “Identita Golose”, la più importante assise di cucina in Italia. Una delle tre star dell’evento, il cuoco giapponese Yoshihiro Narisawa nel bl mezzo del’suo intervento tira fuori un fantastico fiore di rosa di Gorizia, lo appoggia su un piatto bianco e commincia a raccontare.. ” Io l’anno scorso ero con Cook it Raw in un paese chiamato Collio, era inverno e faceva molto freddo, li mi hanno fatto conoscere questo radicchio. Mi hanno anche raccontato la storia di quelle terre, una storia di grandi guerre, di tragedie, di sangue. Io oggi voglio dedicare a quelle terre questo piatto che ho chiamato “Preghiera” !” Nel dire ciò cominciava a versare, da una flute da spumante, sul fiore di radicchio,del brodo cristallino che scorrendo tra i petali si tingeva di rosso sangue, complice della purea di erbette rosse precedentemente nascoste tra le foglie. Ci fu un aplauso a scena aperta. Marchi il giornalista patron della manifestazione, lo ringrazio pubblicamente, alcuni di noi ci accorgemmo di avere gli occhi rossi. E stata una cosa bellissima. Joško. p.s. Spero di poter rintracciare il video per farvelo vedere
Dal miele-olio al miele con l’aceto: scende dal palco la coppia Paternoster-Pregl… che vi salga subito dopo Joško Sirk è dimostrazione palese di quanto il miele possa risultare versatile in cucina – ragione stessa del pomeriggio “Identità di miele” in Sala Bianca. Perché? Perché Sirk è il profeta dell’aceto, un fetta di mondo agli antipodi rispetto a quella dell’olio: il miele le unisce in stretto legame gourmand. La simbiosi del miele con l’aceto è un rapporto di amore-odio, di estremi che smussano l’un l’altro le rispettive spigolosità: il primo raddrizza provvidenzialmente la stucchevolezza dolce, il secondo leviga l’acidità tutta liquida. Matrimoni del genere sono solitamente destinati a durare. Anche in cucina? Uno degli sposi – l’aceto – deve essere di qualità. Ricavato, nel caso di Sirk, non da vino («I vini di oggi sono troppo “tecnologici”»), ma direttamente da uva deraspata, lasciata un poco riposare, poi portata subito alla fermentazione acetica con l’aggiunta di aceto madre, lasciata così per undici mesi affinché tutto l’alcol si trasformi in acidità, poi filtrata per eliminare fecce e vinacce, infine posta in barrique per due o tre anni. Fermentazione diretta, spontanea, del tutto naturale: certo il contributo più sostanzioso di Sirk alla gola contemporanea, com’è stato detto. Ottenuto in questo modo un prodotto di grande versatilità e figlio di una storia antica, resta il tema del suo abbinamento, in questo caso col miele. Corre in aiuto lo chef Alessandro Gavagna de La Subida, il ristorante di Cormons da sempre regno di Sirk stesso. Prima con un sorbetto miele, olio e aceto che pare fatto apposta per pulire la bocca tra una portata e l’altra (ha una limitata presenza zuccherina solo per limitare la caratteristica anti-congelante del miele); poi in una dadolata di cervo marinato nel timo e nella maggiorana e poi condito con la paprika e infine aromatizzato con l’emulsione miele-aceto. Bon appetit. Testo di Carlo Passera Foto di Alferdo Chiarappa Dal sito www.theatlantic.com Continuing our journey in Italy’s Northeast, we left Hisa Franko and our new friends Ana and Valter who gifted us with homemade preserves (hand-written labels in Slovenian—I’m clueless) and elderberry syrup. We were on our way to Manzano (chair capital of Italy) and the winery Le Vigne di Zamo. I adore their wines and the owners, Silvano and Brigitte, who invited us to stay in their guest quarters.
After lunch Josko gave us a tour of his vinegar works—he selects quality local grapes, ferments in small vats with spontaneous acidification, ages in oak barrels. The results are splendid—we all bought vinegar, and Josko gave us a highly unusual book, Baba Yaga’s black suit, A story dressed with vinegar, photographed by Maurizio Frullani for Josko Sirk. We skipped dinner and spent the evening in Zamo’s culinary-enological library, with a bottle of Pinot Grigio. We had an appointment with enologist Michele Bean(pronounced bee-AHN) at Davide Feresin’s winery. We tasted Pinot Grigio: extreme, just like Michele—he extracts color and flavor from the grape’s skins (it’s a clone of Pinot Nero, not a white grape) and it looks like rosé and acts like a light red. And a reserve refosco called Nero di Botte—a play on words—barrels and beaten up, with a cartoon of Davide and Michele on the label covered with bruises. We were invited for lunch, prepared by Davide’s mother, but had plans to meet Silvano and Brigitte at Sale e Pepe, a perfect trattoria in the tiny end-of-the-road village of Stregna. We feasted on traditional dishes like buckwheat polenta with ricotta, horseradish and Seuca apples, bean and barley soup, sausage, white polenta, mushrooms and chestnuts, and a tasty dessert called snow in a glass, featuring persimmons. I got the recipe. We spent another evening in the library with Pinot Grigio. Vito insisted on a visit to our favorite grappa distiller, Domenis, where, in spite of the early hour, we sampled La Storica Nera, my favorite grappa, and I bought cartons of what look like cigarette packs containing eight tiny, single-shot vials, a perfect gift (under the airline liquid limit). Bastianich was nearby, and we had to taste with Wayne Young, the winery’s spiritual leader according to owner Joe Bastianich—Friulano and Friulano Plus, Vespa Bianco, all from the latest vintage, tasty but young. Then back to Osvaldo to pick up our prosciutto, boned, divided into three parts, shrink-wrapped for easy transport.
We had a forgettable lunch nearby, then back to the Le Vigne di Zamo for a tour, some barrel tasting (always fun), and shopping with Brigitte for some vegetables for dinner. Cathy and I were excited to buy brovada, salad greens and beautiful squash, and headed back to the kitchen. Brigitte set out a beautiful cheese selection, whipped up a smoked pork and sauerkraut dish, Cathy and I made soup with the squash, roasted in Brigitte’s wood-burning oven. Silvano poured champagne for the chefs, and, at the table, some historic wines, including a very special 1991 Ronco delle Acacie. After-dinner entertainment: a video of the purcitade, a seasonal celebration starring pork, with butchers who dismantle a pig and make it into salumi and fresh meat, an all-day food and wine extravaganza for members of the Longolardi (a blend of Longobardi and lardo) club—you can join online. Cathy was inspired, and wants do a purcitade at Nostrana. Stay tuned to her website for more information. Our plans for the morning were cultural, a quick stop in Aquileia to see the phenomenal mosaics (on the floor for easy viewing, Biblical scenes—Jonah and the whale are a personal favorite) and thenVilla Manin for an interesting Munch show I wanted to see. But floods on the autostrada—all traffic west to Milan was detoured and we were stuck in a long line of trucks and cars—left us little time for culture, and we went straight to Sarmeola di Rubano, the kingdom of Alajmo. Cathy and David hadn’t seen Le Calandre’s new, remodeled dining rooms, we all wanted to taste Massimiliano’s latest creations. And I needed to shop at in.gredienti, the Alajmo’s store. I bought a loaf of Massimliano’s natural mother yeast bread and a few packages of Sarawak pepper, pre-ordered Le Calandre’s extra virgin version of Pandoro, called Pan’olio, for Christmas presents. We were hungry, ready for lunch. Raf had a surprise waiting at our table in the restaurant: my friend Gianni Capovilla, master distiller, who brought me a special bottle of aged (30 years) plum distillate—we would taste after lunch and I could take the rest home. Massimiliano’s menu was a thrill, beginning with raw red shrimp, pomegranate ice and crispy rice cloud, paired with Champagne. Raw Piemontese beef with gold, incense and extra virgin, spaghetti with garlic, extra virgin, chili pepper and oysters, hare with a rich red wine sauce flanked by chestnut puree paired with Barolo Gramolere, hazelnut and coffee gelato with rum ice and milk foam. Raf and sommelier Angelo joined us to taste Gianni’s plum distillate, truly amazing, true to fruit, which seemed to evaporate from our glasses and my bottle. Vito’s van was packed. Unlike other forms of travel, there are no luggage limits. He helped me unload our purchases and gifts—cases of wine, jars of preserves, fresh horseradish, a package of brovada, honey, extra virgin olive oil, grappa, vinegar, lots of books. My kitchen table was completely covered with bounty. I can’t wait to go back. |
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