L’aceto d’uva Sirk con successo a IDENTITA’ GOLOSE – “Joško Sirk: aceto e miele, un matrimonio perfetto”

Dal miele-olio al miele con l’aceto: scende dal palco la coppia Paternoster-Pregl… che vi salga subito dopo Joško Sirk è dimostrazione palese di quanto il miele possa risultare versatile in cucina – ragione stessa del pomeriggio “Identità di miele” in Sala Bianca. Perché? Perché Sirk è il profeta dell’aceto, un fetta di mondo agli antipodi rispetto a quella dell’olio: il miele le unisce in stretto legame gourmand. La simbiosi del miele con l’aceto è un rapporto di amore-odio, di estremi che smussano l’un l’altro le rispettive spigolosità: il primo raddrizza provvidenzialmente la stucchevolezza dolce, il secondo leviga l’acidità tutta liquida. Matrimoni del genere sono solitamente destinati a durare. Anche in cucina? Uno degli sposi – l’aceto – deve essere di qualità. Ricavato, nel caso di Sirk, non da vino («I vini di oggi sono troppo “tecnologici”»), ma direttamente da uva deraspata, lasciata un poco riposare, poi portata subito alla fermentazione acetica con l’aggiunta di aceto madre, lasciata così per undici mesi affinché tutto l’alcol si trasformi in acidità, poi filtrata per eliminare fecce e vinacce, infine posta in barrique per due o tre anni. Fermentazione diretta, spontanea, del tutto naturale: certo il contributo più sostanzioso di Sirk alla gola contemporanea, com’è stato detto. Ottenuto in questo modo un prodotto di grande versatilità e figlio di una storia antica, resta il tema del suo abbinamento, in questo caso col miele. Corre in aiuto lo chef Alessandro Gavagna de La Subida, il ristorante di Cormons da sempre regno di Sirk stesso. Prima con un sorbetto miele, olio e aceto che pare fatto apposta per pulire la bocca tra una portata e l’altra (ha una limitata presenza zuccherina solo per limitare la caratteristica anti-congelante del miele); poi in una dadolata di cervo marinato nel timo e nella maggiorana e poi condito con la paprika e infine aromatizzato con l’emulsione miele-aceto. Bon appetit.

Testo di Carlo Passera

Foto di Alferdo Chiarappa

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